sabato 14 gennaio 2012

RIFIUTI

Eugenio abitava da solo. Vicino alla sua casa c’era ovviamente la piazzola con i contenitori dei rifiuti. Per la raccolta differenziata in un primo tempo ne bastavano tre: per il vetro, per la carta, per tutto il resto.
Durante l’inverno furono aggiunti altri bidoni per la plastica e per le batterie scariche. In primavera arrivarono quelli per gli altri materiali. Ognuno aveva il proprio colore finchè il numero rimase limitato ma, con l’aumento della loro quantità e il conseguente esaurimento di tutte le possibili colorazioni, fu necessario provvedere a una ordinata numerazione di tutti i bidoni. Il 10 agosto, il giorno dalla voce di velluto, si contavano già venticinque contenitori per la spazzatura sulla piazzola : ognuno con proprio numero e coperchio, s’intende. Per le carte assorbenti, le carte carbone r i fischietti fuori uso scartati da arbitri, vigili addetti al traffico, manifestanti in corteo era previsto l’imminente arrivo di scatolame monouso biodegradabile. Idem per gli aghi da tatuaggio.
Eugenio si sforzava di distribuire in maniera corretta, come raccomandato dal foglio delle istruzioni, il contenuto della sua pattumiera, quando alle sue spalle comparve uno strano personaggio. “Buona sera”, disse una voce autoritaria. “Buona sera”, rispose Eugenio.
“Ispettore Mondizia, Vigilanza Rifiuti. Abbiamo già discusso altre volte sulla raccolta differenziata e non colleghi, per favore, assonanze e rime al mio nome, come certa gente usa fare, altrimenti sarebbe offesa a pubblico ufficiale”.- “non mi permetterei mai, nemmeno mentalmente”, rispose Eugenio, “al massimo poteri pensare a una afaresi, cioè a quel fenomeno di soppressione di un suono all’inizio di una parola per cui, per esempio, qualcuno dice “no-cente” al posto di “innocente”, oppure, “spettabile “ al posto di “rispettabile”, ma nulla più”.
L’ispettore continuò: “ È difficile la raccolta differenziata, non è vero?”
“Si può proprio affermarlo”, annuì Eugenio.
“Ma è nell’interesse dell’ambiente”.
“Si. Lo so”.
“Ma anche nell’interesse della comunità. Ci pensai un poco: Se c’è un cinque per cento di errori, ciò corrisponde al contenuto di quei bidoni e non si può riciclare”. Indicò il bidone n.8, materie plastiche con presenza di cloro.
“Lo credo bene”, concordò Eugenio.
“E si rende conto delle conseguenze di un simile comportamento asociale? L’economia entra in crisi, ditte chiudono, si perdono posti di lavoro… tutte cose che Lei non vuole certamente”.
Eugenio annuì: “E chi vorrebbe una cosa del genere?”
“Allora Lei comprenderà che i rifiuti non sono più una questione privata come prima”, concluse l’Ispettore e scoperchiò i bidoni dal n.9 al n.12. “Vediamo un po’”.- Indossò un paio di guanti gialli e rovistò: “Che è mai questa roba?”.
“Metallo”, ammise Eugenio.
“Metallo senza alluminio. Andava al n.19”.
“Si, ma come posso sapere che…”-
“Ammetta di essere stato troppo pigro per leggere le spiegazioni sull’involucro”. – “Sono scritte in caratteri tanto piccoli da risultare sempre illeggibili”. – “E questa che roba è?”- “Plastica”.- “Plastica con coloro. Non può stare al n.11, bensì al n.8, come si è già detto”.

Eugenio cominciò a pensare che ogni difesa fosse inutile. L’Ispettore, che per le circostanze esibiva una faccia da composto organico come quella del Direttore Generale dell’Azienda presso la quale Eugenio lavorava, ha sempre ragione, anche in Tribunale purtroppo… - Gli rimaneva solo la possibilità di assecondarlo, come la volta precedente: “Farò maggiore attenzione in futuro, ma venticinque bidoni per una persona sola sono pure un bel numero!” Non aveva ancora terminato il buon proposito, che l’Ispettore aveva pescato un mezzo panino imbottito. “E questo cos’è?” – “Composto organico: deve andare nel bidone n.17, dove stava infatti”, cercò di replicare Eugenio. –“Si, ma il panino era imbottito di salame. Il pane va al n.17, ma il residuo di salame(e non si permetta associazione di idee a tale proposito) è sostanza animale, bisognava portarlo al n.24. e chissà dove è andata a finire l’eventuale carta stagnola che l’avvolgeva!”

Eugenio cercò di argomentare, ma gli fu chiesta la licenza per il diretto disbrigo delle proprie faccende domestiche. L’Ispettore proseguì: “Non c’è nulla da fare con Lei. Nelle ultime settimane ho esaminato i Suoi bidoni e sempre sono state rilevate irregolarità. Lei non è in grado di separare i propri rifiuti e sa bene che questo è il presupposto per essere titolari di una licenza per sbrigare le proprie faccende domestiche. Lei non è autosufficiente”.
“Senta”, cercò Eugenio di insistere, “Non voglio finire nella Casa di Riposo: Sono ancora abbastanza giovane e lavoro in un’Azienda importante”.
“Avrebbe dovuto pensarci prima. Ma osservi la questione da un altro lato: Lei perde si la Sua autonomia, ma non dovrebbe più preoccuparsi di separare continuamente i rifiuti secondo normative che cambiano ogni settimana”.
“Ma ho solo quarant’anni”.
“L’età non conta. L’indebolimento delle capacità mentali varia da un individuo all’altro”, spiegò l’Ispettore, “ma la legge è legge: quando uno non è più spiritualmente in grado di separare i rifiuti della propria esistenza, c’è il ricovero obbligatorio. Questo è il Suo caso!”.

Eugenio si trova ora nella Casa di Ricovero. Ci sono vantaggi e svantaggi. Tra quest’ultimi c’è il sollievo di non perdere tempo di fronte ai bidoni dei rifiuti col pericolo di sentire la voce sabbiosa dell’Ispettore Mondizia che contesta un’infrazione. Tra gli svantaggi c’è la constatazione che il concetto di Casa di Riposo non è che un fossile superato della propria gioventù, tanto è vero che ieri vi sono state ricoverate ricoverate due ragazze di nemmeno trent’anni.



Nerio De Carlo

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