sabato 14 gennaio 2012

IL GATTO

La zia non era in realtà una parente. Aveva insegnato il Catechismo ai ragazzi del paese anno per anno, da sempre, e tutti la chiamavano zia. Sapeva il Catechismo a memoria. L’unica difficoltà era rappresentata forse, da un paio di “vizi capitali” come la lussuria e l’accidia, che non riusciva a spiegare bene a noi indifferenti.
La zia aveva la sua bicicletta, la sua casa, la sua pensione e, da poco tempo, il suo televisore portatile. Non aveva ancora il suo tumore. Amava molto il gatto, al quale noi ragazzi facevamo qualche dispetto con particolare riguardo alla lunghezza dei baffi.
Un giorno la bestiola era morta di vecchiaia e si presentò il problema della sepoltura. Non c’era un giardino intorno alla casa. Chiedere aiuto a qualcuno di noi non era consigliabile: la piccola salma sarebbe probabilmente finita nel fiume. Questo sì sarebbe stato un esempio di accidia, appunto, cioè di quel peccato difficile da spiegare durante la lezione di Catechismo! Inoltre una simile bravata sarebbe trapelata prima o poi perché il nostro paese era così piccolo che, dal punto di vista statistico, una cattiveria sarebbe stata possibile soltanto ogni 768 anni.

Si poteva seppellire un gatto in un cimitero per cani? Certamente no! D’altronde in paese non esisteva un simile camposanto. La zia telefonò al veterinario e ricevette l’indirizzo di un Istituto che nella vicina città provvedeva a questa necessità dietro pagamento di un congruo compenso, esagerato per una pensionata. L’appuntamento fu fissato per il mattino seguente. Il gatto fu amorevolmente deposto nella scatola di cartone del televisore portatile recentemente acquistato. Il nome e la pubblicità della ditta costruttrice non avrebbero disturbato il sonno eterno del micio.

L’indomani il viaggio ebbe inizio. Il nostro paese non aveva, e non ha, la ferrovia. Dunque fu necessario recarsi in bicicletta e un poco con l’autobus in una località distante una quindicina di chilometri per prendere il treno.
Poiché mancava una buona mezzora alla partenza, la zia cercò un posto nella sala d’aspetto di seconda classe e si sedette compostamente dopo aver collocato con cura sul tavolo la scatola praticamente nuova, sigillata col nastro adesivo. Accanto a lei un signore con la faccia da rabdomante del letame beveva un caffè da un bicchierino di plastica. Alla zia venne in mente che per la fretta non aveva fatto colazione: per questo pregò il vicino di conservale il posto e tener d’occhio soprattutto la sua scatola intanto che andava a prendersi un caffè dal distributore automatico in funzione presso la stazione. Per non attraversare l’atrio col bicchierino pieno rischiando di scottarsi, sedette sempre compostamente su una panchina vicino alla rivendita dei giornali, bevve lentamente e con gusto e infine cercò il cestino per gettarvi il bicchiere di plastica, come fanno le persone educate.

Tornata nella sala d’aspetto, la zia cercò subito il tavolo di fronte al quale era stata seduta. Su nessun tavolo nella sala d’aspetto c’era però la scatola di cartone.
Anche chi aveva promesso di tenere d’occhio l’involucro non c’era più: La zia capì d’essere stata derubata. Mormorò tra sé: “Dio diede 10 Comandamenti, ma pochi sanno contare fino a 7! Nessuno vuole imparare il Catechismo: Non ci si può fidare di nessuno”. Che fare? Il viaggio in città non serviva più e il costo del biglietto, non poco per una pensionata, poteva essere evitato.
Certamente era risparmiata la spesa per la cremazione del suo vecchio , amato gatto defunto.

Sul volto della zia la sorpresa e la delusione per l’altrui inaffidabilità si dissolsero in un sorriso malizioso che sembrava significare: “Qualcuno mi odierà per quello che hai fatto”. Andò verso il distributore automatico delle bibite e si permise un secondo, più gustoso caffè.

Nerio De Carlo

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