sabato 14 gennaio 2012

IL PUPAZZO DI NEVE

“Dove sono finiti i miei occhiali? Vedo qualcosa in giardino vicino al cancello, ma non distinguo bene”. – “Gli occhiali saranno al solito posto e chi vuoi che sia in giardino? Ora guardo anch’io. Oh, perbacco! C’è un pupazzo di neve!”
“Un pupazzo di neve sul nostro prato all’inglese? Come vi sarà arrivato?” – “Certamente non a piedi. Lo avrà fatto qualche ragazzo. È carino con quella carota al posto del naso e con un recipiente igienico d’altri tempi per cappello. Mi ricorda la mia infanzia. Ma lo sai che in tutti questi anni non ho mai fatto un pupazzo di neve per me?”
“Ho una certa età e tu mi segui a ruota, anche se ti secca ammetterlo. Non è più tempo per costruire pupazzi di neve, mi pare. Se insisti potrei farne uno per il nostro anniversario, a fine giugno”. “L’idea sarebbe buona a prescindere dal fatto che il nostro anniversario è a fine settembre, quando la neve non c’è”.
La coppia uscì dalla villetta a schiera dove abitava per ammirare la bella figura e già progettava di cercare un nome adatto a un pupazzo di neve, magari frugando negli archivi della memoria.
“Perché tanta fretta col nome, gentile vicina? Forse abbiamo anche noi qualcosa da dire”, intervenne il proprietario della villetta confinante sulla destra.
“Che avete da obiettare? Questo è il nostro pupazzo: Sta sulla nostra proprietà”.
“Può darsi che l’attuale collocazione risulti nel suo giardinetto, ma, se osserva le tracce, può facilmente constatare che questo pupazzo è stato fatto con la neve che era nel mio giardino e pertanto esso mi appartiene”.
“In tal caso – soggiunse la signora seccamente – dica pure al suo pupazzo di andarsene dal mio giardinetto e di trasferirsi nel suo”.
“Oh, bella questa! Il mio pupazzo sente anche peggio di quanto suo marito ceda senza occhiali. Certe idee dovrebbero essere nell’elenco delle sostanze dannose. Vediamo un po’ che si può fare…”.
Il vicino di destra tentò di sollevare il pupazzo per collocarlo nel suo giardino come suggeritogli. Niente da fare. La discussione aumentò con allusioni alla concordia che un tempo regnava nel paese, alla litigiosità tra vicini oggi costantemente in agguato, all’incertezza degli attuali diritti di proprietà.
Intervenne anche il vicino di sinistra, un uomo con la faccia simile a sostanza metabolizzata: “Nessuno di voi può accampare diritti perché il pupazzo è stato fatto dai miei figli e soltanto questi, in base alla legislazione sui diritti d’autore, possono deciderne la destinazione. Da parte mia, come loro legittimo tutore, penso che…”.
La controversia coinvolgeva già altri vicini, quando arrivò il furgone del fornaio (allora il pane da noi veniva ancora recapitato casa per casa), che urtò il pupazzo di neve facendolo crollare.
Tutto avrebbe dovuto finire, ma non fu così. A chi sarebbe spettato di rimuovere i resti del pupazzo? Qualcuno era dell’opinione che tutto dovesse tornare nel luogo dove era stata prelevata la neve;altri insistevano che, sempre a causa dei diritti d’autore, i ragazzi avrebbero avuto il compito di stabilirne l’utilizzo. Il ragazzo del fornaio aveva nel frattempo constatato un’ammaccatura nel furgone a causa di una
“costruzione non autorizzata di impedimento al traffico”, come recita il Codice. Nel verbale dei Vigili, chiamati a riportare la calma, non c’è tuttavia traccia di questo incidente.


Nerio De Carlo

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