domenica 8 agosto 2010

La luna e il pozzo


- Racconti opitergini - di Nerio de Carlo

Ci sono libri che si vergognano dei loro autori.
Non sembra essere questo il caso di “La luna e il pozzo”, opera dalla poetica copertina. L’autore di questi 24 racconti sembra vivere nelle narrazioni. Forse egli, portatore sano di cultura, le ha proprio inventate per viverci dentro.
“Se vuoi essere universale, parla del tuo villaggio”, sosteneva Leon Tolstoi. E questo ha fatto l’autore, magari usando una prosa un pò “disobbediente” e “disinvolta”. C’è una topografia in parte inconfondibile in qualche pagina. Se non fosse dichiarato che nulla ha riferimento con la realtà e che tutto serve solo a conferire verosimiglianza alla narrazione, si penserebbe il contrario. I lettori sono alla fine come lo stomaco: bisogna dar loro cose che possono digerire. Il verosimile è a questo punto più leggero del reale.
I “Racconti Opitergini” sono uno spazio del silenzio e delle idee, un participio futuro con memoria più lunga di quella degli uomini. E tuttavia uno specchio nel quale non pochi, volendo, potrebbero scorgere l’aurora delle cose oppure riconoscersi, non fosse altro che per abbottonarsi la faccia.
Il mondo di oggi è molto piccolo: per questo bisogna integrarlo con il tempo che fu. Il passato ricorre spesso in queste pagine. Sembra essere una specie di manutenzione della dignità il passato. Lo stato di fanciullezza libera dello scrittore lo esige. Certo: egli non è una figura chiave e non si adatta a tutte le serrature. La sua immunità anagrafica e la sua extraterritorialità personale gli consentono di esprimere una cultura di radici e non di Oche del Campidoglio. Alle radici dell’autore mancherebbe qui, si può esserne quasi certi, solo la mitica “salàta de pissacàn”, vale a dire il comune soffione che tingeva di giallo le rogazioni.
In certi casi le scene narrate non sono vita, ma semplice consumo di tempo. Interviene tuttavia in “La luna e il pozzo” sempre una inaspettata correzione che ci strappa un sorriso o una riflessione. Una goccia di limone basta sempre, in fin dei conti, a schiarire il the opaco e aspro. Sono righe che non chiedono nulla , ma danno parecchie illuminazioni.
Che un libro lasci domande in sospeso è infine la sua maggiore qualità.

Ana Catarina Zusicheva

Nessun commento:

Posta un commento