venerdì 15 ottobre 2010

IL MALOCCHIO

I cresimandi più fortunati ricevevano un tempo dai loro santoli un orologio. A un ragazzo del paese andò ancora meglio: egli ricevette dal padrino una macchina fotografica. Il dono era considerevole sia per il valore, sia per l’originalità. Nessuno possedeva un simile congegno in paese.
La pellicola consisteva in un breve film di celluloide arrotolato su un cilindretto di legno e consentiva nove pose.
La prima esperienza fotografica ebbe luogo presso la fontana rotonda davanti alla casa, specchio amato di notte dalla luna. La sorgente era incorniciata da un’aiuola circolare coltivata a stramonio. I grandi fiori bianchi di questa pianta ramosa e biforcata facevano bella mostra di sé. Venne poi la volta del grande tiglio nel cortile dell’ardito, superbo gallo del pollaio, entrambi meritevoli di una bella immagine.
La macchina fotografica era tuttavia un dono troppo importante per rimanere sconosciuto ad amici e parenti. Doveva subito essere esibita ai cugini che abitavano in un ambiente montano. La visita a questi ultimi fu effettuata nella domenica successiva a quella della cresima. Considerata la scarsità delle pose ancora disponibili, spettava a questi ultimi la proposta delle foto da scattare: una bella costruzione vicino al bivio, tre ragazze incostanti e sdegnose, il cui corpo pneumatico sbocciava con cautela, un direttore generale noto per lo stipendio d’oro in cambio di una faccia di bronzo, infine un individuo prepotente, poco rispettoso per la proprietà altrui e dedito più all’usura che all’uso dell’ambiente.
Per lo sviluppo della pellicola bisognava attendere un po’ di tempo, in altre parole la prossima mancia dello zio saggio e bonario. Il dono giunse invece inaspettatamente dal santolo e si poté procedere con sollecitudine .
Le pianticelle di stramonio risultarono afflosciate. Il tiglio appariva ancora florido nella foto, ma in realtà l’albero dal bel portamento era stato colpito dal fulmine il giorno prima. Il gallo era stato infine trovato morto nel recinto ad opera delle martore, così si supponeva.
Il fotografo dilettante si turbò. Poteva una macchina fotografica portare sfortuna? Oppure si trattava di una strana coincidenza? Quando fu accertato che anche un paio di galline, fotografate casualmente in un discosto secondo piano insieme al gallo, erano morte, il sospetto aumentò. A favore della coincidenza rimanevano tuttavia le altre sei immagini del tutto regolari. La maggioranza appariva determinante, ma il dubbio rimaneva. Era il caso di chiedere con prudenza informazioni ai cugini. Le brutte notizie giunsero presto. La bella casa vicina al bivio aveva preso fuoco. Un corto circuito, si diceva. Le tre ragazze erano state lasciate dai rispettivi fidanzati confermando il proverbio che la bile del vicino è sempre più verde, o qualcosa del genere. Come è noto l’abbandono è pur sempre un corteggiamento alla rovescia. Il Direttore Generale, mentre si allenava in bicicletta, andò fuori strada infilando il capo in una siepe di recinzione rigorosamente intrecciata a maglie di rete vegetale e dovette rimanere a lungo in quella scomoda nonché umiliante posizione. L’ultimo personaggio, infine, era finito in ospedale la sera prima per una grave intossicazione da funghi.
La successione dei fatti sembrava sufficiente per collegare la macchina fotografica a funesti poteri occulti. Come ognuno ben sa, chi pratica il malocchio è un uccello del malaugurio, anche se non ha mai volato.
Che fare? Esistevano due possibilità: darsi al professionismo con probabile successo, oppure conservare l’apparecchi sotto chiave per eventuali, future necessità personali. Un simile oggetto avrebbe potuto benissimo sostituire perfino il pur notevole potere della pernacchia in fin dei conti. Fu scelta, per il momento, la seconda opzione.

Nerio De Carlo

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