venerdì 15 ottobre 2010

IL MAIALE

Il paese in riva al lago era così piccolo da sembrare quasi privato. Anche le possibilità economiche erano scarse, in quanto l’agricoltura e la fisicità contadina erano le uniche risorse. I pioppi specialmente costituivano un piccolo reddito, buoni com’erano per la produzione della carta, cioè per dare rifugio alle parole.
C’erano difficoltà per le spese della Parrocchia, com’era facile immaginare. Si era allora stabilito di allevare un maialino che, una volta divenuto adulto e grasso, sarebbe stato rivenduto ricavando un sicuro margine.
La bestiola fu comperata per pochi soldi al mercato del mercoledì. Dopo la rituale benedizione del parroco, il suino fu lasciato libero di cercarsi il cibo vagando di casa in casa come facevano i mendicanti. Era stato indicato come “ il porco di S. Antonio” e sarebbe stato benvenuto presso ogni famiglia
Destava meraviglia che il maialino non oltrepassasse i confini del paese nella sua questua quotidiana. La maggior parte degli abitanti riteneva che tale saggezza dipendesse dal viatico ottenuto con la benedizione.
Altri invece conoscevano il motivo. Quando l’animale si presentava inconsciamente in una casa dei paesi circostanti, non solo non riceveva nulla da mangiare, ma veniva cacciato in malo modo. L’esperienza aveva dunque, esattamente come per gli uomini, delimitato il raggio d’azione e l’intervento sopranaturale non centrava affatto.
Il porchetto viveva saziamente tranquillo e trascorreva la notte sotto qualche tettoia per attrezzi agricoli, che in campagna non mancava mai, dove c’era della paglia perfino. Gli tenevano compagnia i gufi soliti a “sparger voci piangendo e tragger guai”, come dice il poeta. Di giorno aveva l’occasione di confrontarsi con altri suoi simili rinchiusi nei porcili e di apprezzare la propria effimera libertà. Aveva anche imparato che i cani consideravano gli esseri umani come superiori, mentre i gatti li ritenevano inferiori a loro. Il porco di Sant’Antonio era dunque completamente ignaro del proprio destino.
Non conoscere l’avvenire è certamente un bene, anche se permane una certa curiosità di fondo. In ogni caso l’avvenire non ha niente di reale. È come se il giorno ci accusasse di adulterio perché la notte ha dormito nelle nostre stanze.
Una volta, mentre succhiava la linfa ascendete di uno stelo di verbena, l’animale aveva sentito certi studentelli discutere se il maiale fosse causa o effetto della propria sorte, ma l’argomento non risultava chiaro né ai saputelli, né all’interessato. Egli pensò di rivolgersi a una gallina, che era una specie di veggente, per una spiegazione.-“Vedo solo salami e cotechini nel prossimo inverno …”, fu la fumosa risposta. I maghi, si sa, sono spesso poco chiari e la credulità non è la fede. In ogni caso anche i polli non avrebbero poi particolari motivi per stare tranquilli, ma chi può spiegare loro che il Natale è una bella festa?
Il porco di Sant’Antonio cresceva tra la soddisfazione degli abitanti del paese. Egli era in generale indifferente nei confronti degli altri animali. Un’eccezione però ci sarebbe stata. Si trattava di una porchetta baffuta e paffuta di proprietà del mugnaio, che esibiva un grugnito erotizzato dall’accento montanaro: un esemplare volubile e di scarsa reputazione.
Una mattina il maiale appena sveglio vide le pensose magnolie coperte di neve. Quello era il primo inverno della sua vita. Sarebbe stato anche l’ultimo? – Come si sa , anche gli animali sognano e gli era apparsa nel sonno una figura indistinta che gli disse: “Sono il senso orario”. Che cosa poteva significare se non un quadrante come quello sul campanile, nel quale erano segnate le ore prima verso destra e poi verso sinistra di chi guarda? In ogni caso era troppo difficile da comprendere per un maiale. Il freddo dell’inverno consigliò alla bestiola di rifugiarsi il un luogo meno esposto alle intemperie. C’era uno spazio chiamato “la stalla dell’asino”, la cui porta era soltanto socchiusa in fondo a un portico. Sembrava un luogo adatto e fu così per un certo tempo.
Una mattina il porco di Sant’Antonio si svegliò per la questua giornaliera e si accorse che la porta della stalla era chiusa, inspiegabilmente sbarrata. Più tardi due uomini lo afferrarono, lo caricarono su un carro transennato insieme ad altri suini per il trasporto al mercato del mercoledì, lo stesso dove egli era stato acquistato per pochi soldi parecchi mesi prima.

Nerio De Carlo

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