venerdì 25 giugno 2010


SILENZIO


Io ti parlo.

Ti chiedo il senso della vita,

delle sue altezze e dei deliri.


Lascio che in me

la tua voce si insignori

delle profondità dell'animo mio.


Oltre il silenzio la tua voce

mi risponde con l'invito a rispettare

il tuo e il mio silenzio.


La viva voce vorrei sentire

come suono dalle labbra

si fa parola amorevole e consolazione.


Eppure resiste il tuo silenzio

nel mio pensiero ansioso,

che cerca il concento del tuo silenzio.

E non sono mai solo.

M.B.


* * *


Se si vuole dare un significato alla parola "Silenzio", si dovrebbe accennare a una "condizione ambientale generata dall'assenza di perturbazioni sonore".


Se si dovesse, poi, dare la stessa definizione al nostro non dialogo con il prossimo, ci si accorgerebbe che il nostro sentire invade la mente come un silente vapore di parole, che nella nostra immaginazione si coagulano in pensieri.


Questi a loro volta danno origina alla vita, al battito del cuore, al desiderio di porre domande, alla ricerca di risposte, in conclusione a tutto ciò che si oppone alla morte, comprese le nostre incertezze nonché il desiderio di conoscere e capire. Vorremmo dare al termine "Silenzio" un profilo che non sia quello di sempre, nascosto dal mistero, in questo intimo dialogare. Tuttavia ovunque lo sguardo cerchi un'umana similitudine o la mente si avventuri oltre i confini dell'infinito, esso è con noi da sempre, fin da prima del concepimento nel grembo materno: non muta, ma soltanto silenziosa presenza del nostro animo, cui confidare il battito del cuore.

Desideri infine ricordare quanto ha sostenuto ricordare Juan Carlos Onetti, citatomi dal Prof. Nerio de Carlo: "Hanno diritto di esistere solo le parole migliori del silenzio".


Per rappresentare questo scritto ho scelto un'opera del 1982 del professore e maestro d'arte Daniele Brescacin allievo di Arturo Martini e Gigi Viani all'Accademia delle belle Arti di Venezia, e che rappresenta una figura femminile in raccoglimento: la sua posizione è comparabile a quella fetale di un nascituro. Se poi vogliamo osservare l'opera da un'altro punto di vista, vale a dire geometrico, essa e come fosse stata concepita dall'Artista, dentro a un cerchio ovale pronta a schiudersi come un fiore, da quel silenzioso raccoglimento ad un suo progetto; proprio come un ovulo che s'appresta a lasciarsi fecondare nel "grembo materno" per concedersi ad un progetto di vita.


Nella composizione di un'opera d'arte, come in questa rappresentata dall'immagine femminile, si possono cogliere i segni simbolici racchiusi nei tratti tracciati dall'Artista. Sempre nelle Opere vi è una ricerca umana e spirituale di chi s'appresta a "creare". La rappresentazione concepita, dunque matura spesso attraverso un sofferto travaglio interiore che nel movimento delle linee dei segni e dei colori raggiunge il compimento del suo progetto.

M.B.

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